Convegno Nazionale Società Italiana di Medicina di Montagna
Bergamo, 13 ottobre 2018
Si è tenuto a Bergamo, in occasione della Fiera della Montagna, sabato 13 ottobre 2018 il XX° Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina di Montagna dal titolo “La Medicina di Montagna incontra la Medicina dei Viaggi”.
Il convegno è stato organizzato dalla Società Italiana di Medicina di Montagna in collaborazione con la Società Italiana di Medicina dei Viaggi, con le Commissioni Mediche dei CAI Centrale, Regionale e Sezionale e con l’Ordine dei Medici della Provincia di Bergamo.
Dopo i saluti di Paolo Valoti, presidente del CAI di Bergamo, di Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Bergamo e di Benigno Carrara, presidente della Commissione Medica del CAI di Bergamo, hanno avuto inizio i lavori del Congresso.
La prima sessione del Congresso dal titolo “Medicina di Montagna e Medicina dei Viaggi nel Mondo” è stata moderata da Franz De La Pierre, membro della Commissione Centrale Medica del CAI, e da Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Bergamo.
Lorenza Pratali, presidente della Società Italiana di Medicina di Montagna e vicepresidente della Commissione Centrale Medica del CAI, è stata la prima relatrice, parlando dell’“ABC della Medicina di Montagna: le patologie d’alta quota dalla prevenzione al trattamento”. Ha descritto la risposta fisiologica dell’organismo umano quando si espone all’alta quota, dove c’è carenza di ossigeno, definendo il timing delle varie risposte: risposta ventilatoria ipossica, aumento della densità dei capillari sanguigni, aumento della concentrazione dell’emoglobina, aumento della ventilazione polmonare, aumento della frequenza cardiaca. Angelo Mosso è stato un fisiologo italiano che tra i primi si è occupato della fisiologia dell’alta quota, scrivendo il libro “Fisiologia dell’uomo sulle Alpi”, ideatore della Capanna Margherita nel gruppo del Monte Rosa. Pratali ha parlato dei primi studi effettuati agli inizi del secolo scorso sul male acuto di montagna (AMS). Oltre a questa patologia possono comparire nei soggetti che si espongono all’alta quota edemi periferici, edema cerebrale d’alta quota (HACE), edema polmonare d’alta quota (HAPE), emorragie della retina, disturbi neurologici, malattia cronica d’alta quota. E’ stato realizzato un progetto di nome AL.P.I. che ha ideato l’utilizzo di un questionario per valutare i problemi di salute connessi ad attività in alta quota. La malattia acuta d’alta quota si manifesta con segni quali edemi periferici, cianosi delle labbra, alterazioni dello stato mentale e incapacità a camminare in modo rettilineo (atassia). Fattori predisponenti sono la residenza a bassa quota, la suscettibilità individuale, pregressi episodi di male acuto di montagna, l’età, la condizione fisica, la ridotta risposta ventilatoria alla carenza di ossigeno, l’obesità, i soggetti russatori, l’emicrania ed eventuali interventi sul collo. Altri fattori favorenti possono essere la velocità di ascesa, il freddo, l’esercizio intenso e le infezioni delle vie aeree. La valutazione sul campo dei sintomi può essere effettuata ricorrendo, dopo almeno sei ore di permanenza in quota, al Lake Louise Score. Esistono tre differenti gradi di Male Acuto di Montagna: lieve, con buona risposta ai farmaci, moderato, risponde ai farmaci, ma torna, e severo con scarsa risposta ai farmaci. Occorre scendere, riposare, curare l’idratazione, usare farmaci come aspirina, paracetamolo, ibuprofene nella forma leggera. Nella forma moderata-severa valgono le stesse regole in più va valutata la somministrazione di acetazolamide (diamox) e di ossigeno o l’utilizzo del sacco iperbarico, se non si riesce a scendere in fretta. Importante è proteggersi dal freddo. Come prevenzione si può ricorrere alla profilassi farmacologica facendosi consigliare da un medico. Con una prevalenza tra lo 0,1 e l’1% tra i 4200 e i 5500 metri può comparire l’edema cerebrale d’alta quota. I segni sono mal di testa che non scompare in seguito a trattamento analgesico e segni neurologici. Occorre scendere velocemente (500-1000 metri) e somministrare ossigeno o usare il cassone iperbarico. L’edema polmonare d’alta quota compare in genere oltre i 2500 metri e va trattato in modo tempestivo. La prevenzione è efficace. E’ più frequente nei soggetti giovani, compare entro tre giorni dall’arrivo in alta quota, e viene favorito dalla mancanza di acclimatamento e dall’esercizio fisico troppo intenso. Per quanto riguarda l’uso dei farmaci (nifedipina, tadalafil, salmeterolo) serve la presenza di un medico. I sintomi sono difficoltà alla respirazione, tosse secca, catarro denso e roseo, cianosi. Occorre scendere in fretta (500-1000 metri), somministrare ossigeno o ricorerre all’utilizzo del cassone iperbarico. La prevenzione è l’arma vincente per evitare l’insorgere di tutte queste patologie provocate dall’alta quota: salire lentamente evitando sforzi troppo intensi, curare l’idratazione, non bere alcoolici e non assumere sonniferi, essere allenati in modo idoneo.
Il Prof. Gianfranco Parati, direttore della Scuola di Specialità in Malattie Cardiovascolari dell’Università degli Studi della Bicocca di Milano, ha tenuto una Lettura Magistrale avente per tema le raccomandazioni messe a punto da poco da un gruppo di medici di tutto il mondo per i pazienti affetti da cardiopatia che frequentano la montagna. Il titolo della Lettura Magistrale è stato “Il paziente “cardiopatico” può andare in montagna? Le nuove raccomandazioni 2018”. Occorre valutare attentamente questi pazienti, ma, attualmente, i criteri sono più inclusivi rispetto a molti anni fa. Occorre, comunque un’attenta valutazione clinica da parte di un cardiologo che conosca la Medicina di Montagna e sappia dare dei buoni consigli a chi è affetto da una cardiopatia.
Andrea Rossanese, medico esperto in medicina dei viaggi del Centro per le Malattie Tropicali dell’Ospedale Sacro Cuore, Negrar (VR), ha presentato una relazione dal titolo “La Wilderness Medicine al servizio di viaggiatori per turismo o per lavoro”. Ha parlato dell’Expedition Medicine e della Wilderness Medicine, che si occupano di tutto ciò che può accadere nel corso di spedizioni in zone remote del pianeta, non solo in luoghi di montagna, ma, per esempio, nella foresta amazzonica, nelle regioni polari, negli oceani o nei deserti. E’ stata una presentazione interessante che ha trattato patologie poco conosciute. Il relatore ha parlato di come gestire l’organizzazione di una spedizione dalle sue fasi iniziali fino al rientro.
E’ seguita la presentazione di Alberto Tomasi dal titolo “La medicina dei Viaggi e la Medicina di Montagna: un connubio idilliaco”. Lo stesso relatore ha, poi, parlato di “Vaccini: la medicina basata sulle evidenze”, affrontando il tema delle vaccinazioni da effettuare prima di intraprendere un viaggio in regioni extra-europee.
La seconda sessione del Congresso, quella del pomeriggio, dal titolo “La Medicina di Montagna e. la Medicina dei Viaggi in Italia” è stata moderata da Annalisa Cogo, direttrice della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport dell’Università degli Studi di Ferrara, e da Benigno Carrara, presidente della Commissione Medica del CAI di Bergamo.
Antonella Bergamo, medico specialista in dermatologia e vicepresidente della Società Italiana di Medicina di Montagna, ha presentato una relazione dal titolo “in montagna quando è caldo: consigli pratici”. La relatrice ha illustrato i rischi derivanti dall’eccessiva esposizione ai raggi solari in alta quota. Quando si va in montagna è bene programmare l’escursione tenendo conto delle previsioni meteo, dell’umidità, del vento, della temperatura deli luoghi dove si intende andare. La relatrice ha parlato della capacità dell’organismo umano di termoregolare la temperatura corporea a seconda delle situazioni esterne. Ha sottolineato l’importanza di una corretta idratazione specie nel periodo estivo. L’acqua è un costituente essenziale del nostro corpo e aiuta a regolarizzare la temperatura corporea per mezzo della sudorazione. I soggetti più a rischio per il calore sono i bambini, gli anziani e gli obesi. Le malattie da caldo comprendono i crampi muscolari, l’eruzione da calore, il colpo di sole e il colpo di calore. Si tratta di situazioni cliniche di cui si deve tenere ben conto considerati gli attuali cambiamenti climatici che stanno portando ad un graduale aumento delle temperature. Anche i questi casi è sempre meglio prevenire che curare: portare con sé una quantità di acqua sufficiente, bere molto spesso, indossare indumenti protettivi, usare un cappello, rinfrescare i polsi, evitare di camminare nelle ore più calde del giorno, usare creme di protezione per evitare scottature della pelle, cercare di avere un allenamento adeguato ed evitare gli sforzi eccessivi.
Guido Giardini, responsabile dell’Ambulatorio di Medicina di Montagna e primario del reparto di Neurologia dell’Ospedale di Aosta, ha, poi, preso la parola con una presentazione dal titolo “L’ ambulatorio di Medicina di Montagna: due realtà in Italia per i turisti di Montagna”. Giardini ha parlato dell’attività svolta nell’Ambulatorio di Medicina di Montagna che si occupa dei professionisti della montagna, quali guide e soccorritori, lavoratori in alta quota, del turismo d’alta quota e dei soggetti portatori di patologie croniche che desiderano andare in montagna. Presso l’ambulatorio vengono effettuate visite per valutare l’idoneità all’andare montagna, compreso il test da sforzo in ipossia. Vengono dati consigli a chi effettua trekking o spedizioni alpinistiche extra-europee. In questo ambito sono stati portati a termine i progetti “Résamont” riguardanti la medicina di montagna in collaborazione con Francia e Svizzera, comprendenti anche la telemedicina.
La seconda parte della comunicazione è stata presentata da Paolo Pischiutti, medico del Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n°3 “Alto Friuli, Collinare, Medio Friuli” , che ha portato un suo contributo al congresso parlando dell’esperienza dell’ambulatorio di medicina di montagna da poco nato a Udine, il secondo in Italia. L’ambulatorio è stato creato anche grazie a una convenzione tra le Università di Udine e di Trieste in collaborazione con la scuola di specializzazione in “medicina dello sport e dell’esercizio”. L’ambulatorio si occupa dei soggetti affetti da patologie croniche che frequentano la montagna, dei professionisti della montagna, dei soggetti che praticano sport in ambiente montano, in particolare in alta quota, e di quei soggetti che hanno sofferto in passato di patologie provocate dall’alta quota.
Giacomo Strapazzon, medico dell’EURAC di Bolzano, del CNSAS e membro della Commissione Medica della Cisa-Ikar ha parlato del freddo in montagna con una relazione dal titolo “La doppia faccia della Montagna: il freddo”. Ha presentato alcuni casi di ipotermia accidentale, dando consigli pratici. L’ipotermia accidentale viene definita come un calo della temperatura corporea al di sotto dei 35°C, dovuto a cause esterne. Spesso l’ipotermia si associa a traumi riportati in montagna o alla mancanza di ossigeno causata dall’alta quota. Strapazzon ha parlato dei quattro stadi dell’ipotermia: tipo 1 (35-32°C), tipo 2 (32-28°C), tipo 3 (28-24°C) e tipo 4 (<24°C).
E ’importante rimuovere il soggetto ipotermico il prima possibile, evitando ulteriori abbassamenti della temperatura corporea e trasportandolo in fretta in ospedale. Fondamentale risulta la prevenzione per evitare di essere vittime del freddo e della conseguente ipotermia corporea.
La dr.ssa Anna Beltrame, infettivologa, ha parlato delle zoonosi sulle montagne italiane con particolare riferimento al grave problema delle zecche, che nel 2018 hanno costituito un grosso problema per i frequentatori della montagna, in particolare in Veneto, in Friuli e in alcune località del Trentino. Sono state date alcune indicazioni sulla prevenzione e sul come comportarsi in caso di morso di zecca.
Mario Milani, direttore sanitario del CNSAS, ha concluso i lavori del convegno con una interessante relazione dal titolo “Soccorso Alpino e Turismo in Montagna”.
Nel corso del Congresso, tra le 14 e le 15, vi è stata una presentazione di lavori scientifici come poster orali che ha avuto come moderatori il Prof. Corrado Angelini di Padova e la dr.ssa Simona Mrakic-Sposta del Cnr di Segrate (Mi) che hanno assegnato il Premio S.I.Me.M. al miglior lavoro scientifico presentato come poster.