8° Corso di ricerca e stabilizzazione del travolto da valanga, dedicato a Walter Bucci
Il corso ha avuto luogo a Fonte Cerreto (Assergi) dal 9 all’11 febbraio 2018. Igor Chiambretti dell’AINEVA ha presentato la prima relazione: la neve e le valanghe possono mettere seriamente a repentaglio la vita dei frequentatori invernali della montagna e, quindi, anche la sicurezza dei soccorritori. Il pericolo è determinato dalla tipologia e dalla magnitudo di una valanga e dal grado di instabilità potenziale del manto nevoso.Va ricordato che il reato di distacco valanga è un reato di tipo penale. La valanga può, infatti, determinare un pericolo per l’incolumità delle persone. Spesso vi è il timore di denunciare l’evento. Tra il 1984 e il 2018 si sono verificati 1467 incidenti in valanga ufficialmente censiti. Il numero di questi ultimi è andato crescendo, come pure è aumentata la vendita di attrezzature da sci. Alle prime nevicate, a inizio stagione, la gente fa attività sportiva in un ambiente che presenta una maggiore instabilità del manto nevoso. Sono talvolta segnalati incidenti da valanga anche in periodo estivo. É curioso far notare che la maggior parte degli incidenti provocati dal distacco di una valanga accade nel corso delle stagioni con meno neve. Il numero degli incidenti mortali invece è rimasto nel tempo costante. Vanno portati avanti politiche di prevenzione e dispositivi di protezione individuale, procedure di autosoccorso, corsi di formazione e consultazione dei bollettini valanghe. Negli ultimi anni si è registrato un lievissimo incremento degli incidenti dovuto alla frequentazione di pendii più ripidi, alla comparsa di nuove discipline, al “freeride”, all’helisky, all’uso delle ciaspole e alla comparsa di nuove categorie di utenza poco esperta. Tra il 1985 e il 2018 si è registrata una media di 19 vittime a stagione. Si sta verificando un incremento sensibile dei feriti. Solo nel 19% dei casi la vittima è sola e non è in grado di praticare l’autosoccorso. Nell’81% dei casi uno o più compagni possono praticare il soccorso. La maggior parte degli incidenti accade in condizioni di pericolo medio-basso (grado di pericolo 3 67%, grado di pericolo 2 21%). La pratica dell’autosoccorso è fondamentale. È necessario portare sempre con sé i dispositivi di protezione individuale (Artva, sonda e pala). La sicurezza sta nella conoscenza. L’attuale maggiore numero di feriti dipende dal fatto che si arriva prima e dalla maggiore organizzazione. Gli accertamenti giudiziari vanno fatti sul terreno subito e non dopo una settimana, quando le condizioni ambientali sono cambiate, a causa del cambiamento del manto nevoso.
Di seguito il riassunto delle relazioni:
Giacomo Strapazzon dell’EURAC di Bolzano ha analizzato la di medicina e valanghe. La curva di sopravvivenza del travolto in valanga è superiore al 90% nei primi dieci minuti. Le tre cause di morte sono asfissia, trauma e ipotermia. Se la testa del travolto non è sepolta si ha una maggiore percentuale di sopravvivenza. Dopo 35 minuti dal seppellimento la percentuale di sopravvivenza si riduce. In Canada la maggior causa di morte nel travolgimento da valanga è dovuto ai traumi. Interessante notare come nelle valanghe che si staccano nel periodo estivo le morti sono spesso dovute ai traumi. La vera differenza nel ridurre il numero degli incidenti causati da valanga sta nella prevenzione e nell’ autosoccorso. La Commissione Medica della Cisa-Ikar ha messo a punto una checklist per il travolto da valanga che contiene alcune importanti linee-guida in grado di regolamentare le varie fasi del soccorso in valanga. Il 50% dei travolti si trova a un metro di profondità con la testa a valle.
Andrea Orlandini ha, poi, parlato del “triage in valanga”. Nelle fasi del soccorso in valanga occorre fare delle scelte. Ci sono strumenti di triage e tattica di triage. Esiste un tempo di estricazione della vittima, un tempo di trattamento (media 23 minuti), un tempo di evacuazione e una capacità di trattamento ospedaliero del paziente. Sarebbe opportuno creare uno “score” per la valutazione del travolto. È importante non farsi prendere dal panico, un aspetto emotivo di rilevante importanza. Occorrono la capacità cognitiva di selezionare e l’esperienza. Può essere utile l’uso di progetti di simulazione. Importante è una corretta comunicazione, il rispetto dei ruoli nei team di soccorso e l’organizzazione, che deve cercare di mettere ordine nel caos. Serve assegnare le dovute competenze ad ogni ruolo. Il relatore ha giustamente affermato che la competenza è un prodotto tra conoscenza ed esperienza.
Nel pomeriggio R. Misseroni e Francesco Valgoi hanno parlato dell’autosoccorso in valanga. Esistono una parte tecnico-alpinistica ed una parte sanitaria. Si tratta di due parti complementari, di due condizioni gestite da tecnici e sanitari che devono rispettare il loro ruolo. Hanno molta importanza le attrezzature, la prevenzione ed il soccorso. Occorre pure migliorare e approfondire le conoscenze. Serve accorciare i tempi, ridurre il rischio anche per i soccorritori (rischio residuo). Il materiale deve essere efficiente ed efficace. Va garantita la sicurezza sul terreno a rischio di valanghe. Va verificata la compatibilità degli Artva, sia in emissione che in ricezione. L’autosoccorso in valanga deve restare entro i 15 minuti, quindi con un periodo di efficacia molto ridotto. Occorre mantenere la calma, facendo riferimento alla persona più esperta presente sul terreno per ottimizzare i tempi di ricerca. Si deve allertare la centrale operativa, fornendo le dovute informazioni (dove e cosa è accaduto, quando e quanti sono i feriti e i travolti, quali condizioni meteo ci sono sul posto dell’incidente, la presenza di Artva). Va chiamato subito il soccorso organizzato. Si deve valutare il numero di persone, individuare un “leader”, ottimizzando le risorse disponibili per la ricerca (rischio residuo, capacità individuale, strumenti a disposizione, dimensione della valanga). Va subito stabilita una strategia di intervento. Si devono memorizzare il punto di travolgimento e il punto di scomparsa del travolto. Vanno fatte una ricerca “vista-udito” e una ricerca con Artva, individuando dei corridoi di ricerca. Vanno eliminati fattori di disturbo (telefoni cellulari, radio, linee elettriche). La ricerca con Artva va effettuata in tre fasi. La prima fase consiste nella ricerca del primo segnale (scansione della superficie della valanga seguendo dei corridoi anche con più soccorritori a 20 metri di distanza tra ognuno). La seconda fase si basa sulla captazione del segnale. La terza fase, quella più fine, consiste nella localizzazione del sepolto. Si segue la modalità “a croce” nella ricerca, selezionando il segnale acustico migliore. Ogni apparecchio di ricerca è diverso e richiede precauzioni differenti. Individuato il punto si deve porre un segnale (bastoncini incrociati). Poi, si sonda con entrambe le mani. Esistono “sonde intelligenti” (Pieps I probe) in grado di fornire un’indicazione acustica e luminosa. Subito dopo, va fatto lo scavo a una distanza di una volta e mezza la profondità del seppellimento. A questo punto è necessario che la parte tecnica e quella sanitaria siano interfacciate, con rispetto dei ruoli e degli spazi di competenza. Si scava e si disseppellisce il travolto. Coloro che si occupano dello scavo si devono alternare in modo circolare. In prossimità della sonda si rallenta la velocità di scavo e si procede con l’uso delle mani e si libera il corpo della vittima, preoccupandosi in particolare delle vie aeree. Ultimato il disseppellimento, segue il trattamento sanitario. Vanno, poi, disposti l’imbarellamento, il trasporto del travolto e l’assistenza sanitaria.Se la ricerca primaria risulta negativa, si procede con sondaggi primari su aree prioritarie (mano a mano, spalla a spalla). Servono tre sondatori in verticale, con una profondità di due metri (passo 60 cm. e tre fori nella neve). Il capo squadra sta davanti. Si parte a sondare dal centro, poi, a destra e, poi, a sinistra. Se anche questa fase ha esito negativo, si procede con sondaggi sistematici a maglia larga con un massimo di dodici sondatori. Se le condizioni atmosferiche non consentono il volo dell’elicottero, si precede con gli sci d’alpinismo. Nella fase di approccio alla valanga si deve valutare il pericolo, effettuare l’autoprotezione, preparare e trasportare i materiali sanitari, effettuare le comunicazioni via radio o telefoniche. Serve certamente più tempo. Nella fase di soccorso occorre valutare i pericoli residui, ricercare con Artva ed effettuare una ricerca vista-udito, apparecchiatura Recco. Seguono lo scavo e il disseppellimento, il trattamento sanitario e l’imbarellamento. Le esigenze mediche si interfacciano con quelle tecniche. Nella fase di evacuazione occorre valutare i pericoli residui, definire il percorso e le modalità di trasporto, gestire ed accompagnare la barella, monitorare costantemente le condizioni sanitarie del travolto. Si possono prospettare diversi scenari: valanghe molto grandi con molti sepolti, con travolti senza Artva, senza piastrine Recco e senza oggetti affioranti, o valanghe con pericoli residui. Occorre il dispiegamento di tutte le risorse utili nel minor tempo possibile.Serve sfruttare al massimo l’elicottero, se presente. Il personale va trasportato sulla valanga rapidamente, evitando l’esposizione a pericoli residui durante l’avvicinamento e l’allontanamento. Si può spostare il personale da un punto all’altro. Qualora necessario, si può effettuare la ricerca Artva e Recco senza sbarcare il personale su aree pericolose. L’elicottero può essere sfruttato come vedetta. Permette l’evacuazione rapida dei travolti. Il luogo dello sbarco è sicuramente vicino al punto di seppellimento. Medici e infermieri devono conoscere e usare sci e ciaspole, ricercare con Artva, effettuare una ricerca vista-udito, collaborare durante i sondaggi, gestire le fasi di disseppellimento, trattamento sanitario, accompagnamento durante il trasporto, avere la dotazione per l’elitrasporto e la dotazione sanitaria necessarie, avere il proprio materiale di progressione e soccorso su terreno invernale.
Viviana Ricci ha parlato dell’utilizzo delle unità cinofile da impiegare in valanga. Nei punti cruciali di una valanga il cane viene messo al lavoro. Il conduttore deve badare al lavoro dell’animale. Esistono delle modalità di interazione tra soccorritori e cinofili. Occorre prestare attenzione al cane, non si deve interferire con il suo lavoro e si deve coadiuvare il conduttore.
Angelo Grilli ha esposto il sistema Recco. Il riflettore Recco rende rintracciabili i travolti in valanga, aiutando le organizzazioni di soccorso. Funziona come una torcia elettrica, emettendo un segnale radar. Viene emesso un segnale acustico e alcune spie lampeggiano. Artva, telefoni cellulari, radio, chiavi dell’auto interferiscono nella ricerca. Infatti, chi effettua la ricerca non deve avere addosso apparecchiature.
Righetti ha approfondito la tematica dell’elisoccorso in valanga. Il decollo avviene, in genere, 3-5 minuti dalla chiamata di soccorso. L’atterraggio dovrebbe avvenire entro cento metri dal target. Le limitazioni sono le regole (la normativa), il meteo e le prestazioni dell’elicottero. Il vento può rendere talvolta l’elicottero ingovernabile a causa di turbolenze o vortici. La visibilità minima per il decollo è di 1500 metri, altrimenti non si può volare. Al di sotto dei 1500 metri di visibilità si ricorre al volo strumentale (“visual flight rules”). Il pilota deve sempre essere in grado di vedere dove sta andando. Gli strumenti servono per seguire percorsi predefiniti da altri. L’elicottero non innesca valanghe. Solo un jet che vola a bassa quota e supera il muro del suono può provocare il distacco di valanghe. Quando c’è scarsa visibilità si verifica il fenomeno del “white out” che impedisce al pilota di avere una profondità di campo, molto pericoloso per il rischio di collisione. La neve che vola intorno all’elicottero che si trova vicino al suolo e offusca tutto è pericolosa. Serve individuare un riferimento scuro fisso al suolo. Importante è avere riferimenti al suolo, altrimenti si deve cambiare punto di atterraggio o annullare la missione. Il pilota deve ricevere indicazioni efficaci. Non sempre è facile trovare il luogo di un incidente. Vanno indicati coordinate geografiche GPS, nome della località e condividere, se possibile, la propria posizione tramite i network. Utile può essere l’uso di fumogeni.
Gianluca Facchetti, medico rianimatore-anestesista, ha poi parlato del soccorso sanitario in valanga, illustrando il protocollo scientifico messo a punto per il paziente ipotermico. Tra il 2016 e il 2017 ci sono state in Italia 69 vittime, delle quali 30 in Abruzzo. Il 77% sopravvive, il 39% risulta completamente sepolto dalla valanga. Solo il 46% sopravvive alla sepoltura. Nei primi 10-15 minuti dal seppellimento si ha una percentuale di sopravvivenza del 92%. L’asfissia è causa del 65% delle morti. Nella prima fase dell’autosoccorso 3-5 minuti servono per l’individuazione del sepolto. 10-15 minuti servono, invece, per il disseppellimento del corpo. Va liberata in fretta la testa. Occorre creare un canale d’aria nel più breve tempo possibile, che permetta alla vittima di sopravvivere. Il corpo del travolto deve essere isolato dal freddo. La fase della latenza dura 35-40 minuti. Serve cercare, scavare, trovare, stabilizzare. Dopo i primi 35 minuti sopravvivono solo i soggetti con “air pocket”. Dopo 90 minuti la probabilità di sopravvivenza scende dal 27% al 3%. A questo punto si riesce a sopravvivere di più solo nelle valanghe catastrofiche, quelle che seppelliscono case o auto. Il disseppellimento va effettuato con grande delicatezza, evitando l’“after drop”, ovvero la morte da soccorso, dovuto alla centralizzazione del sangue proveniente dalla periferia, che determina ulteriore ipotermia, miocardiotossicità, e aritmie cardiache maligne. L’ipotermia accidentale può costituire un’altra causa di morte. Si verifica una vasocostrizione nel tentativo di mantenere la temperatura corporea a 37°C. Viene raccomandata la misura della temperatura corporea per via transesofagea o per via epitimpanica. La classificazione svizzera dell’ipotermia si basa sulla clinica. Nel trattamento degli stadi 1 e 2 dell’ipotermia si devono evitare movimenti bruschi del corpo del travolto, si devono applicare compresse termiche, riparare il corpo dal vento, proteggendolo dal freddo e somministrare bevande calde non alcooliche. Serve un corretto posizionamento di un telo termico e di compresse termiche (spalle, ascelle, pube). Nello stadio 3 il paziente non reagisce. Vanno evitati movimenti importanti, proteggendo il corpo da vento e freddo. Vanno monitorati i parametri vitali e misurata la temperatura centrale del corpo. L’ipotermia protegge il corpo dall’ipossia, ma solo se si verifica prima dell’ipossia. Il polso centrale va monitorato, come pure l’ecg. Va praticata la rianimazione cardio-polmonare. Il dosaggio del potassio serico è un indicatore di morte affidabile nell’ipotermico profondo. I parametri di importanza fondamentale sono sepoltura. Vie aeree, temperatura centrale, tracciato elettrocardiografico e dosaggio del potassio serico. Infine, risultaisulta più importante fare la cosa giusta che farla bene.
Articolo scritto dal Dottor Agazzi