Si è svolta ad Andorra, sui Pirenei, l’assemblea annuale della CISA-IKAR. In questo ambito ha avuto luogo pure la riunione della Commissione Medica. Vi hanno partecipato oltre settanta medici, provenienti da Austria, Belgio, Bulgaria, Canada, Croazia, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Irlanda, Islanda, Italia, Montenegro, Norvegia, Nuova Zelanda, Polonia, Repubblica Ceca, Scozia, Serbia, Spagna, Slovenia, Svezia, Svizzera, USA. Dopo le comunicazioni del presidente Fidel Elsensohn, che ha comunicato, tra l’altro, la nomina dell’inglese John Ellerton quale nuovo presidente della Commissione Medica, Hermann Brugger ha voluto ricordare la figura di Bruno Durrer, carismatico medico del soccorso alpino svizzero di Lauterbrunnen, scomparso da poco, che molto ha dato alla medicina di emergenza in montagna. Peter Paal ha, poi, parlato della gestione del trauma in montagna, proponendo di stendere alcune linee-guida. Il relatore ha proposto un aggiornamento circa il trattamento pre-ospedaliero dei traumi in montagna, sull’analgesia pre-ospedaliera, sull’anestesia regionale sulla somministrazione di liquidi, sull’ipotermia accidentale e sulla logistica del trasporto del paziente. La bozza dovrebbe essere pronta entro la fine del mese di marzo 2018. Verranno raccolti anche nuovi dati sull’argomento, tenendo conto anche delle esperienze già esistenti in campo militare. George Brodway, presidente della Commissione Medica dell’U.I.A.A., ha, poi, preso la parola, augurandosi una fattiva e valida collaborazione tra Wilderness Medical Society, I.S.M.M. e CISA-IKAR, come di fatto, già accade.
Giacomo Strapazzon dell’Eurac di Bolzano, ha parlato della sindrome da sospensione, descrivendo la risposta fisiopatologica del corpo umano che si trova sospeso, attaccato ad una corda. Si tratta di una situazione che risulta rilevante per gli arrampicatori. Si discute circa il meccanismo che è all’origine della sindrome stessa. Potrebbe trattarsi di uno shock di tipo ipovolemico, dovuto alla riduzione della pompa muscolare e alla riduzione del “venous pooling”. Strapazzon ha proposto di stendere delle raccomandazioni in base anche agli studi effettuati su una ventina di soggetti con età media di 31 anni, sottoposti ad una sospensione di durata media di 44,40 minuti, prima del verificarsi della “pre-sincope”, accaduta nel 30% degli individui. Nel corso dello studio sono stati misurati parametri cardiaci, effettuati esami ecografici prima e dopo la sospensione per verificare la velocità del flusso sanguigno. Attraverso esami effettuati con la spettroscopia è stata misurata l’ossigenazione regionale. È stata effettuata pure una revisione della letteratura esistente sull’argomento in oggetto. Verranno stabilite alcune indicazioni riguardanti le modalità di trasporto corretto del paziente, che deve essere soccorso molto velocemente e posto in posizione supina, evitando movimenti che potrebbero essere pericolosi per la sua incolumità. Verrà creato un gruppo di lavoro per discutere ampiamente l’argomento, raccogliendo dati epidemiologici ed indagando su esami post-mortem, e meccanismi fisiopatologici che sono alla base della sindrome.
Hermann Brugger è intervenuto per parlare delle raccomandazioni sui traumi da sospensione. Si tratta di un tipo di patologia che coinvolge pure la medicina del lavoro e che può essere fatale. Brugger ha invitato a cambiare strategia. Marie Nordgren, svedese, ha, poi, parlato delle problematiche psicosociali che possono interessare i soccorritori in montagna (ski-patrollers e mountain rescuers). Marie ha parlato dei risultati preliminari di uno studio qualitativo effettuato su soccorritori con età media di 37,5 anni, con un’attività media di soccorso di 7,5 anni. Si tratta di un argomento molto attuale e di rilevante interesse. Il progetto dovrebbe proseguire in particolare per studiare eventuali disagi psichici nel corso dell’attività di soccorso, disturbi del sonno, prospettive psicologiche e “debriefing support”. La finalità è quella di identificare eventuali stressor, suggerendo eventuali azioni di tipo preventivo, con adeguata gestione dello stress e del trauma emozionale, in particolare il “post traumatic stress disorder”. Dopo ogni incidente, specie se grave, sarebbe indicato effettuare un “debriefing” efficace, garantendo a coloro che lavorano nella medicina di emergenza una buona qualità di vita. È segnalato che nel 35% degli incidenti studiati erano coinvolte guide alpine. Occorre trovare un “agreement” per il futuro.
Sono seguite delle “small presentation”. Giacomo Strapazzon ha parlato della “Avalanche resuscitation check-list”. Ha sottolineato l’importanza della valutazione dello stato delle vie respiratorie, di un’adeguata rianimazione cardio-respiratoria e del trasporto della vittima da valanga in ospedale, tenendo conto del tempo di seppellimento. Strapazzon ha sottolineato l’importanza di uniformare le varie fasi del soccorso nelle diverse nazioni. La raccolta di informazioni corrette è in grado di far aumentare la professionalità di un team. Fondamentale creare dei “teaching team” standardizzati, che facciano crescere la conoscenza dei soccorritori ovunque nel mondo, capaci di trasmettere messaggi efficaci. Importante la raccolta di dati statistici tramite i vari “registry” (“Hypothermia registry”, “Alpine Trauma registry”, “Avalanche registry”). Natalie Hölzl, medico tedesco, ha, poi, parlato del “medical resource website” (www.alptrauma.com) che sia in grado di far crescere la conoscenza nel campo della medicina di emergenza in montagna, facile da usare e da aggiornare, con vari sezioni, tra le quali le raccomandazioni e la bibliografia.
Alexander Kottmann, medico svizzero, ha parlato dello studio presentato in precedenza sulla qualità del soccorso alpino in Svizzera, proponendo un “brainstorming” e un “consensus meeting”.
Un paramedico polacco ha descritto un “survey study” (agosto-dicembre 2016) a proposito della gestione dell’ipotermia severa in montagna, mediante un questionario con 24 domande. Il questionario è stato completato solo nel 23% dei casi, con misura della “core temperature” solo nel 36% dei casi. È risultato che la maggior parte dei team di soccorso non hanno seguito le linee-guida standard internazionali. Ne sono emersi un buon livello di formazione, ma uno scarso livello di equipaggiamento.
Interessante la presentazione di Giacomo Strapazzon riguardante uno studio realizzato a proposito degli effetti della neve su soggetti che respiravano in un “artificial air pocket”. La durata del seppellimento in valanga e la presenza di un “air pocket” spiegano la sopravvivenza in travolti da valanga. Lo studio è stato effettuato su 36 individui, divisi in tre gruppi con tre diverse densità di neve. Il 13% ha dovuto sospendere lo studio causa le difficoltà respiratorie incontrate (dispnea). La densità della neve ha correlato con i valori di ossigeno presenti nell’”air pocket”. È stata riscontrata una notevole desaturazione in ossigeno nel sangue arterioso degli individui testati. Con l’aumento della densità della neve si sono riscontrati una diminuzione dell’ossigeno e un aumento dell’anidride carbonica nell’”air pocket”.
Hermann Brugger ha presentato alcuni dati preliminari circa i valori di “cut-off” di potassio nel siero di soggetti sepolti in valanga, sopravvissuti. Ha parlato di uno studio retrospettivo su vittime di valanga in arresto cardiaco tra il 1995 e il 2016, su 106 pazienti con età media di 34 anni con 7 sopravvissuti e durata media di seppellimento di 50 minuti, in 6 centri ospedalieri europei. Peter Paal ha brevemente illustrato il progetto Monte Carlo, che simula soccorsi in valanga. Alison Sheet , medico del Colorado, ha presentato uno studio effettuato su morti in valanga in un periodo di 20 anni, 110 casi, per il 99% soggetti maschi. Le cause di morte sono state sia traumatiche che non traumatiche, dovute per la maggior parte ad asfissia. Il medico italiano Andrea Orlandini ha illustrato l’utilizzo degli ultrasuoni in ambiente alpino (ecografia) quale strumento di diagnosi in emergenza. Si tratta di una nuova esperienza che si sta da alcuni anni diffondendo nella medicina di emergenza in montagna, nel corso della fase pre-ospedaliera dei soccorsi, un “point of care” a disposizione dei pazienti. Le prime esperienze sono avvenute circa 20 anni orsono nel corso della guerra del Golfo. L’uso degli ultrasuoni è utile pure nell’effettuare i blocchi di alcuni nervi o nel porre un accesso venoso. Utile anche in alta quota nella diagnosi differenziale delle patologie gravi quali l’edema polmonare. Si tratta di una strumentazione abbastanza facile da usare. Orlandini ha ricordato che vengono organizzati corsi per medici che vogliono apprendere la tecnica. Hermann Brugger è di nuovo intervenuto per illustrare l’”avalanche survival rate”. Ha parlato della posizione in cui vengono trovati i travolti, per il 45% in posizione prona. È stato effettuato uno studio ricorrendo all’uso di manichini, simulando incidenti in valanga, utilizzando tre posizioni diverse dei manichini. L’inglese Mike Green ha presentato una breve relazione sull’ “educational programme” per i volontari del soccorso inglese, sottolineando l’importanza dell’evoluzione della pratica. La giapponese Kazue Oshiro ha illustrato il programma di formazione dei soccorritori in Giappone, della sicurezza da adottare nelle varie fasi delle missioni di soccorso, del “debriefing” dopo ogni incidente, con particolare riferimento al riesame di incidenti pregressi. Notevole il ruolo che va attribuito alla prevenzione, che incrementa la percentuale dei sopravvissuti.
Hermann Brugger ha illustrato il “TerraX Cube”, un progetto ideato per studiare, tramite simulatore, situazioni di emergenza in ambienti remoti, in ipotermia, ipossia, ventosità, pioggia, umidità. Presso la sede dell’Eurac di Bolzano dal 2018 sarà possibile realizzare studi di “extreme adventure” in una camera speciale con maggiori sicurezza e riproducibilità. Gli studi realizzati a volte non sono molto affidabili a causa delle difficoltà estreme ambientali incontrate. Oltre il 50% degli studi non risulta riproducibile. Ecco la necessità di simulare simili situazioni. Hermann Brugger ha parlato del futuro libro sulla medicina di emergenza in montagna. Corinna Schön, medico forense svizzero, ha parlato delle indicazioni necessarie a stabilire lo stato di morte nel corso di incidenti in montagna. La norvegese Julia Fieler, medico norvegese, ha parlato del prossimo meeting della commissione medica che si terrà a Tromsö, in Norvegia, dal 26 al 27 aprile 2018, compreso un “Hypothermia day”. La prossima assemblea generale della CISA-IKAR si svolgerà, invece, dal 17 al 20 ottobre 2018 a Chamonix, in Francia. Hermann Brugger ha, poi, illustrato in breve il prossimo Congresso Internazionale di Medicina di Montagna che verrà organizzato a Katmandu, Nepal, dal 21 al 24 novembre 2018. presso lo “Yak and Yeti Hotel”. Dal 19 al 21 novembre 2018 verranno organizzati vari workshop, dei quali ha parlato la svizzera di Berna Monika Brodmann Maeder. Sabato 21 ottobre sono state presentate alcune relazioni alla presenza delle quattro commissioni della CISA-IKAR. È stato illustrato un salvataggio sulla parete Nord dell’Eiger, ricorrendo ad una “long line” di 230 metri. Si è parlato dei salvataggi organizzati a Lauterbrunnen nell’Oberland Bernese per soccorrere i “jumper”. Si tratta di circa ventimila salti all’anno, con molti incidenti, che impegnano sia il soccorso aereo che terrestre, talvolta, con grandi difficoltà. Il medico italiano Gianluca Facchetti ha descritto molto bene le varie fasi del soccorso nella valanga caduta in Italia a Rigopiano in Abruzzo, nel 2017, causando diverse vittime. Lo spagnolo Inigo Soteras ha parlato del soccorso in cayoning in Spagna, un’attività sportiva molto aumentata nel corso degli ultimi anni. Si è soffermato in particolare sulla gestione “on site” del paziente e del successivo trasporto in ospedale. Il tempo medio di un soccorso in canyoning è di circa un’ora. Tale tipo di soccorso richiede molta competenza ed esperienza. Fattori condizionanti il meteo e la quantità del flusso di acqua. Importanti risultano l’analgesia, la prevenzione delle infezioni e la ricerca di un accesso venoso. Nel 13 % degli incidenti ci si trova di fronte a casi di ipotermia accidentale. Fondamentale isolare il corpo della vittima dal freddo ricorrendo anche al riscaldamento esterno. La sicurezza è la cosa più importante e va molto rispettata. Occorrono, inoltre, conoscenza e un equipaggiamento adeguato. Tutto il materiale di soccorso, specie farmaci e presidi medici vari, vanno conservati in contenitori di plastica ermetici, per evitare i danni prodotti dall’acqua. Oliver Reisten, medico svizzero di Air Zermatt ha parlato del “modular first aid kit” con le varie raccomandazioni riguardanti l’utilizzo dei tre moduli del kit (Basic, Advanced e Medical). Ha parlato di tutto ciò che va aggiunto nel caso di una spedizione alpinistica extra-europea, con riferimento alla medicina dei viaggi e di spedizione.
G.C. AGAZZI